Chi mi conosce sa che, in una certa fase della mia, vita ho fatto di quest’uomo un mito… credo di aver cercato, acquistato e letto tutto ciò che sia mai stato pubblicato in Italia e oltre… peccato per l’oltre non tanto compreso. Poeta ed intellettuale (parola tristemente in disuso, peggio che comunista, quest’ultima, almeno, valida come insulto) decisamente bellissimo, fondatore del surrealismo, movimento in cui mi sono praticamente riconosciuto e che ho assunto come religione (scusate se è poco) …
I suoi libri, “I manifesti del surrealsimo”, “L’amour fou”, “Nadia”, “Arcano 17”, “Antologia dell’humor nero”, “L’immacolata concezione”, “Point du jour”, “L’arte magica” tutti avidamente letti e da cui sono stato molto contagiato (anche se a dire il vero ormai quasi completamente immune), raccontano di un’incredibile avventura dello spirito. Voto 9 (scala dei voti)
Per ciò che mi riguarda, il Primo Manifesto del Surrealismo (documento capitale del movimento, pubblicato nel 1924) costituisce ancora una sorta di decalogo:
Tanto va la fiducia alla vita, a ciò che la vita ha di più provvisorio, la vita reale beninteso, che infine questa fiducia vien meno. L’uomo, questo sognatore definitivo, sempre più scontento della propria sorte, con disagio fa il giro intorno agli oggetti di cui è costretto a far uso, e che la sua indifferenza o il suo sforzo gli hanno offerto: quasi sempre il suo sforzo perché egli ha consentito di lavorare 0 perlomeno non ha rifiutato di tentare la sorte, quella che chiama la sua sorte! Il suo patrimonio è ora una grande modestia: sa quali donne ha avuto, in quali vane avventure si è immerso, la ricchezza o la povertà proprie non gli importano — a questo riguardo è ancora un bambino appena nato e in quanto all’approvazione della coscienza morale, penso che egli vi passi sopra agevolmente. Se conserva un po’ di chiarezza non può che volgersi verso l’infanzia, la quale, per quanto sia stata dura e torturata dalla sorveglianza degli educatori, nondimeno gli appare ricca d’incanti. Infatti, in quella, l’assenza d’ogni costrizione conosciuta gli mostra una prospettiva di più vite condotte in una volta. Cosi egli si rafforza in tale illusione e non vuol più riconoscere che la facilità momentanea, estrema, di ogni cosa. Al mattino fanciulli iniziano il giorno con gioia. Tutto è vicino, le peggiori condizioni materiali sono eccellenti. I boschi sono bianchi o neri, nessuno dormirà più. Ma è chiaro che non si saprà andare cosi lontano. Non si tratta soltanto di distanza. S’accumulano le minacce, si cede, si abbandona parte del terreno da conquistare. Quella immaginazione che non ammetteva limiti, non le si permette che d’esprimersi secondo le leggi di un’utilità arbitraria; essa però è incapace d’assumere questa parte inferiore e, verso i vent’anni, in generale preferisce abbandonare l’uomo al suo destino senza luce. Cosicché, per quanto egli tenti più tardi, in un modo o nell’altro, di ritrovarsi, sentendosi mancare a poco a poco ogni ragione di vita, incapace com’è di porsi all’altezza di una situazione eccezionale quale l’amore, non ci riuscirà affatto: è certo ormai che appartiene a una imperiosa necessità pratica, che non tollera più che la si perda di vista. Ogni suo gesto mancherà d’ampiezza, ogni sua idea di spazialità. Ciò che gli avviene o può avvenirgli non si presenterà a lui che come una relazione di tale avvenimento con infiniti avvenimenti simili, avvenimenti ai quali non ha preso parte, avvenimenti falliti. Egli, credo, giudicherà in base a uno di questi avvenimenti più rassicurante degli altri nelle sue conseguenze. E non vi scorgerà affatto la propria salvezza. Cara immaginazione, ciò che in te amo soprattutto è che tu non perdoni…
Queste, invece, sono due fra le mie poesie preferite:
Gli Stati Generali frammento
Di’ ciò che è sotto parla Di’ ciò che comincia
E lucidami gli occhi che agganciano a stento la luce
Come un cespuglio che scruta un cacciatore sonnambulo
Lucidami gli occhi fai saltare questa capsula di maggiorana
Che serve a ingannarmi sulle specie del giorno
Il giorno se fosse lui
Quando sulle campagne passa l’ora della mungitura
Discenderebbe cosi precipitoso i suoi scalini
Per umiliarsi di fronte alla verticale di scintille
Che salta di dito in dito fra le giovani donne delle fattorie sempre streghe
Lucidami gli occhi a questo filo superbo che rinasce senza fine dalla sua rottura
Non lasciate che scarti ciò che è maculato
Ivi compreso lontano il gran rosone delle battaglie
Come una rete che sgocciola sotto lo spasmo dei pesci del tramonto
Lucidami gli occhi lucidali alla splendente polvere di tutto ciò che han visto
Una spalla dei riccioli presso una brocca d’acqua verde Il mattino
Di’ ciò che è sotto il mattino sotto la sera
Che io abbia infine il compendio topografico di queste tasche esterne agli elementi e ai regni
Il cui sistema infrange la distribuzione ingenua degli esseri e delle cose
E rivela al gran giorno il segreto delle loro affinità
Della loro propensione a evitarsi o a stringersi
All’immagine di queste correnti
Che s’attraversano senza penetrarsi sulle carte marine
È tempo di mettere da parte le apparenze individuali di un tempo
Cosi pronte a annientarsi in un solo callo di culi di mandrilli
Da dove gli uomini a legioni pronte a dare la vita
Scambiano un ultimo sguardo con le belle tutte insieme
Che porta via il ponte d’ermellino d’un guscio di fava
Ma lucidami gli occhi
Alla luce di tutte le infanzie che si specchiano insieme in una mandorla
Nel più profondo della quale per leghe e leghe
Si sveglia un fuoco di forgia
Che nulla inquieti l’uccello che canta fra gli 8
Dell’albero dei colpi di frusta…
L’unione libera
La mia donna dalla capigliatura di fuoco di legna
Dai pensieri di faville di calore
Dalla taglia di clessidra
La mia donna dalla taglia di lontra fra i denti della tigre
La mia donna dalla bocca di coccarda e di mazzo di stelle d’ultima grandezza
Dai denti d’impronte di sorci bianchi sulla terra bianca
Dalla lingua d’ambra e di vetro strofinato
La mia donna dalla lingua d’ostia pugnalata
Dalla lingua di bambola che apre e chiude gli occhi
Dalla lingua di pietra incredibile
La mia donna dalle ciglia a stampatello come la scrittura dei bimbi
Dalle sopracciglia di bordo di nido di rondine
La mia donna dalle tempie d’ardesia di tetto di serra
E di vapore ai vetri
La mia donna dalle spalle di spumante
E di fontana a teste di delfini sotto il ghiaccio
La mia donna dai polsi di fiammiferi
La mia donna dalle dita d’azzardo e d’asso di cuori
Dalle dita di fieno tagliato
La mia donna dalle ascelle di martora e faggiola
Di notte di San Giovanni
Di ligustro e di nido di scalarie
Dalle braccia di schiuma di mare e di chiusa
E di mistura di grano e di molino
La mia donna dalle gambe di razzo
Dai movimenti d’orologeria e di disperazione
La mia donna dai polpacci di midollo di sambuco
La mia donna dai piedi d’iniziali
Dai piedi di mazzi di chiavi dai piedi di calafati che bevono
La mia donna dal collo d’orzo imperlato
La mia donna dalla gola di Val d’or
D’appuntamento nel letto stesso del torrente
Dai seni di notte
La mia donna dai seni di covo di talpa marina
La mia donna dai seni di crogiuolo del rubino
La mia donna dai seni di spettro della rosa sotto la rugiada
La mia donna dal ventre d’apertura di ventaglio dei giorni
Dal ventre d’artiglio gigante
La mia donna dal dorso d’uccello che fugge verticale
Dal dorso d’argento vivo
Dal dorso di luce
Dalla nuca di pietra rotolata e di gesso bagnato
E di caduta di un bicchiere nel quale si è appena bevuto
La mia donna dalle anche di navicella
Dalle anche di lampadario e di penne di freccia
E di steli di piume di pavone bianco
Di bilancia insensibile
La mia donna dalle natiche d’arenaria e d’amianto
La mia donna dalle natiche di dorso di cigno
La mia donna dalle natiche di primavera
Dal sesso di gladiolo
La mia donna dal sesso di terra aurifera e d’ornitorinco
La mia donna dal sesso d’alga e di vecchie caramelle
La mia donna dal sesso di specchio
La mia donna dagli occhi pieni di lacrime
Dagli occhi di panoplia violetta e d’ago magnetico
La mia donna dagli occhi di savana
La mia donna dagli occhi d’acqua per bere in prigione
La mia donna dagli occhi di legno sempre sotto l’accetta
Dagli occhi di livello d’acqua di livello d’aria di terra e di fuoco